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Perché neghiamo a noi stessi la sofferenza causata da un abuso subito?

Capiamone i meccanismi attraverso un piccolo esercizio

Le persone che sono state abusate nell’infanzia sono spesso così brave a giustificare l’abusante, minimizzando il danno e il dolore che hanno ricevuto dall’abuso, se non addirittura arrivare a negare che l’abuso sia avvenuto, che è necessario aiutarle a rimuovere questa cecità e permettere alla sofferenza di venire a galla e potersi finalmente esprimere. Senza di questo sarà impossibile guarire.
È importante essere consapevoli, però, che senza la negazione non sopravviveremmo in alcune situazioni. Ad esempio, alcuni bambini vengono trascurati (neglected) e abusati in modo così grave che se solo ammettessero a loro stessi che sono stati i loro genitori a farlo potrebbero arrivare a suicidarsi. In altre situazioni, se un bambino permettesse a se stesso di riconoscere quanto sta soffrendo nelle mani dell’abusante, probabilmente potrebbe non essere in grado di mantenersi sano.
La negazione può essere certamente stata una tua amica, averti mantenuto in vita in situazioni davvero insostenibili; ma a questo punto potrebbe invece essere diventata una tua nemica. Potresti essere sopravvissuto all’abuso reale, ma se non ti confronti con la verità e il dolore di ammettere che qualcuno che tu amavi ti ha trattato in un modo così egoista, dannoso, spietato, insensibile, è probabile che continui a punire te stesso o a coinvolgerti con persone abusanti. Non sei quindi nella giusta via per la tua guarigione.

Ti proponiamo un esercizio che ti sarà sicuramente di aiuto.
Scrivi la storia della tua infanzia, come se fossi un narratore esterno. Il bambino (tu) è il soggetto della storia. Mentre scrivi, dai dettagli precisi di quello che è accaduto, di quello che il bambino ha fatto, pensato e provato. Mantieni la prospettiva del narratore che sa cosa è successo al bambino e come questo ha vissuto gli eventi, ma che è allo stesso tempo separato dall’azione. Questa tecnica ti permetterà di vedere la tua infanzia da una prospettiva completamente differente.

“C’era una volta un bambino, una bambina…” Continua tu.

Riferimenti

  • Engel, B. (2015). It wasn’t your fault. Freeing Yourself from the Shame of Childhood Abuse with the Power of Self compassion. Oakland, CA: New Harbinger Publications
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