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Libertà di scelta nella pratica meditativa

Nessuno sceglie di essere vittima di trauma. Che sia un disastro naturale, un incidente devastante o un atto di violenza interpersonale, il trauma lascia sulle persone una sensazione di essere state violate e prive di un senso di controllo. Il trauma è sempre considerato dai survivor come uno spartiacque tra la vita prima e dopo. Proprio per questo è fondamentale che i sopravvissuti al trauma riacquistino un senso di scelta e di autonomia. Questo potrà essere appreso anche attraverso la pratica delle meditazioni basate sulla Mindfulness. E’ fondamentale che sappiano fin da subito che in ogni momento della pratica, hanno le redini in mano per decidere se continuare o meno. Non saranno costretti a fare nulla che non vogliono. Possono muoversi a un ritmo che ritengono giusto per loro, e possono sempre decidere di lasciar stare. Esattamente come il Trauma Sensitive Yoga di Emerson (2015). Enfatizzando l’auto-responsabilità come fonte di guarigione e benessere, come dice Kabat-Zinn, si aiutano i survivor a riprendersi in mano la propria vita. Il corpo è centrale in questo processo. Sarà insegnato ai sopravvissuti ad ascoltare i segnali provenienti dal loro corpo, invece che a ignorarli. Questo sarà utile per imparare a stare nella finestra di tolleranza. E’ possibile aiutarli in questo processo anche attraverso un uso particolare del linguaggio: piuttosto che dare istruzioni si possono offrire inviti che aumentino l’intenzionalità, e questo vale per qualsiasi tipo di interazione verbale avvenga con un survivor. Di seguito alcuni esempi:

  • Durante i prossimi respiri, quando ti sentirai pronto, ti invito a chiudere gli occhi o tenerli aperti e bassi (al posto di “Chiudi gli occhi”)
  • Sembravi essere in iperventilazione alla fine dell’ultima meditazione. Ti andrebbe di parlarne con me un minuto? (al posto di “Sembravi terrorizzato. Devo parlarti”)
  • Puoi stare sdraiato, o seduto su una sedia o uno zafu, puoi scegliere ciò che ti fa sentire più tranquillo

Un altro modo per enfatizzare la scelta è fornire diverse opzioni nella pratica. Si può dare alle persone la possibilità di lasciare gli occhi chiusi o aperti, adottare una postura che funzioni meglio per loro (ad esempio, in piedi, seduti o distesi). Ogni volta in cui si offrono diversi modi con cui le persone possono praticare, è bene normalizzare ogni scelta che decidono di compiere: ogni postura va bene e nessuna è migliore di un’altra.

Si possono invitare le persone a portare a termine la pratica e allo stesso tempo è bene anche che sappiano che lasciare la stanza, specialmente se stanno oltrepassando la loro finestra di tolleranza, è un’opzione che hanno sempre a disposizione. Offrire una scelta aperta è una parte indispensabile nel lavoro con il Trauma. Spesso i survivor hanno una voglia così forte, quasi disperata di stare meglio il prima possibile, che possono essere molto duri con loro stessi, allontanandosi però paradossalmente, in questo modo, dal processo di guarigione. Con il tempo, tuttavia, iniziano a vedere che essere auto-responsabili e rispettare la propria finestra di tolleranza, è un modo in cui poter onorare se stessi e il proprio corpo e, al tempo stesso, continuare a lavorare sulla tolleranza. Enfatizzare la scelta e l’autonomia non equivale a coccolare o viziare i sopravvissuti al trauma: rimane comunque una struttura all’interno della pratica mindful. Compito dell’istruttore non sarà imporre la struttura meditativa ma creare un clima di fiducia e di scelta in cui il survivor possa accettare che l’altra persona gli indichi cosa è meglio per lui in ogni momento della pratica, attraverso l’uso di istruzioni caratterizzate da apertura, curiosità e rispetto.

Incorporare il movimento nella pratica di consapevolezza

Chiedere a un sopravvissuto al trauma di prestare attenzione al proprio corpo non è una cosa semplice: significa esporlo al rischio di entrare in contatto con dei trigger, anche emotivi, potenzialmente angoscianti e dolorosi. Il compito dell’istruttore è quello di sostenere, con la sua presenza solida e compassionevole, i sopravvissuti durante la meditazione. Questo permetterà il rafforzamento della loro capacità di osservazione e accettazione di questi vissuti fisici, cognitivi ed emotivi.
Per alcuni survivors, sarà molto più facile restare presenti con le sensazioni mentre si muovono: sia che si tratti di una meditazione camminata o di yoga consapevole. Con i survivor, può essere utile dedicare i primi minuti a uno yoga molto semplice con piccoli movimenti consapevoli, naturalmente sempre opzionali, come un’efficace via di accesso alla connessione con il corpo. Una meditazione camminata può essere più preziosa e potente per un sopravvissuto rispetto a una meditazione seduta: percepire intenzionalmente sia le sensazioni enterocettive che quelle esterocettive, mentre ci si muove liberamente durante lo spazio, può essere, infatti, un efficace fattore di regolazione emotiva.

Sapere che è possibile fare delle meditazioni in movimento è una rassicurazione molto importante.Mentre camminano possono prestare attenzione alle sensazioni che provengono dai piedi che poggiano sul pavimento o spostare l’attenzione da contenuti interiori (contrazione e distensione del petto o della pancia) a contenuti esteriori (il canto degli uccellini tra gli alberi). A volte, quando fanno la meditazione seduta, possono interrompere la staticità della posizione con un massaggio ai piedi. Il massaggio, quindi, diventa la meditazione.

Qualche volta è possibile anche che i survivors decidano di permettere ai pensieri di vagare sapendo che non è possibile essere sempre nel pieno della consapevolezza mindful. E’ importante che i survivor imparino a riconoscere di cosa hanno bisogno in un dato momento.

La relazione tra il trauma e il movimento, più specificatamente lo yoga, è stata studiata a fondo presso il Trauma Center del Justice Resource Institute nel Massachussetts. I ricercatori hanno indagato le specifiche relazioni tra le asana dello yoga (posture) e un marker biologico chiamato variabilità del ritmo cardiaco (un modo per misurare l’integrità del sistema di arousal). La ricerca ha mostrato che l’utilizzo di un programma di yoga a cui sono state apportate specifiche modifiche per le vittime di trauma, può regolare l’arousal e avere un impatto positivo sui sintomi del PTSD (Mitchell et al., 2014).

Fare attenzione ai segni della dissociazione

E’ fondamentale che un insegnante di Mindfulness che lavora con il trauma conosca, sappia riconoscere e affrontare i segnali della dissociazione. La dissociazione è un termine generale per indicare un distacco da varie cose, ad esempio nella depersonalizzazione dalla persona e nella derealizzazione dall’ambiente circostante. Queste conoscenze sono fondamentali per identificare quelle persone che potrebbero essere in difficoltà durante la pratica.

Di seguito sono elencati alcuni dei possibili segnali di dissociazione che possono presentarsi sia durante la pratica meditativa che durante una conversazione:

  • Assenza
  • Senso di distacco dal proprio corpo e dalle proprie emozioni
  • Senso di identità confusa
  • Senso di perdita di controllo sui loro movimenti
  • La persona sente che le cose intorno a sé sono distorte o irreali
  • La persona non sente la voce dell’altro e/o chiede costantemente agli altri di ripetere le domande
  • La persona ha lo sguardo perso nello spazio e non risponde a nessuna domanda
  • La persona perde il senso del tempo e non riesce a ricordare cosa sia accaduto in precedenza
  • La persona non appare consapevole del momento presente: “non sta lì” o sembra preoccupata da distrazioni interne
  • La persona non riesce, durante l’eloquio, a mantenere una continuità temporale e salta da un argomento all’altro
  • Nella conversazione anche il clinico inizia a sentirsi confuso, assente, in uno stato di annebbiamento

Utilizzare le sensazioni esterocettive per il radicamento

Se una persona si sta dissociando, farla focalizzare sulle sensazioni esterocettive può essere una preziosa e utile tecnica di grounding. I cinque sensi, ovvero tatto, gusto, olfatto, udito e vista, possono aiutare a tornare di nuovo al momento presente, facendo sì che la persona resti all’interno della finestra di tolleranza. Ecco alcuni esempi:

  • Tatto: Potete incoraggiare la persona a toccare un oggetto che permetta di ancorarsi al momento presente, quale ad esempio una coperta soffice, un indumento di seta, il nastro adesivo, ecc… Può andar bene anche appoggiare una mano su una superficie solida oppure toccare il proprio corpo, la sensazione delle mani l’una contro l’altra, la lingua che preme sul palato, un movimento gentile delle mani sul petto.
  • Gusto: Un survivor che tende a dissociarsi durante la pratica può portar con sé del cibo che abbia un gusto intenso e che sia piacevole. Per esempio una caramella alla menta, in modo tale da mantenere la concentrazione e radicare la persona nel qui e ora.
  • Olfatto: Similmente al gusto, i survivor possono equipaggiarsi di oggetti odorosi utili per radicarsi nel presente, come per esempio una bottiglietta di olio essenziale o una crema per le mani.
  • Udito: In fase di dissociazione, è possibile usare i suoni presenti dentro e fuori la stanza per radicarsi. Qualunque sia il suono, può essere usato come àncora per tornare al qui e ora.
  • Vista: Possiamo incoraggiare i survivors a notare, nominare e descrivere gli oggetti nell’ambiente circostante per radicare l’attenzione nel momento presente e supportare l’integrazione: la forma, il colore, il materiale di cui è fatto cercando di essere il più precisi possibile.

In Coping with Trauma-RelatedDissociation(Boon, Steele, Van DerHart, 2011) gli autori raccomandano una sequenza di azioni che preveda l’utilizzo di più sensi. Si chiede alla persona di notare tre oggetti adoperando per ognuno un senso diverso radicandosi così nel momento presente.

La Meditazione del Body Scan per le vittime di Trauma

Il Body Scan è una meditazione usata nei protocolli basati sulla Mindfulness, primo fra tutti il protocollo Mindfulness Based Stress Reduction (MBSR). L’obiettivo è quello di aumentare la concentrazione attraverso la consapevolezza corporea, rilasciare la tensione e acquietare la mente. La pratica prevede che le persone si sdraino avendo le gambe distese, le braccia lungo i fianchi e i palmi delle mani rivolti verso l’alto. La durata media dipenderà dalla scelta dell’insegnante in base alla composizione del gruppo. E’ anche vero che per i sopravvissuti prestare attenzione alle proprie sensazioni fisiche può essere di per sé disregolante. Chiedere a un survivor di distendersi e prestare un’attenzione particolare (attiva) a specifiche aree del corpo per un lungo periodo di tempo può essere stressante. Il Body Scan pertanto deve essere usato con attenzione nel lavoro sul trauma o comunque proposto con specifiche modifiche. I survivor devono sentire sempre di poter scegliere quando praticano la meditazione del Body Scan. Devono essere in grado di inserirlo tra le pratiche meditative nelle modalità che vanno a loro bene e sapere che hanno il pieno controllo durante tutto l’esercizio. Le modifiche possono includere la riduzione della durata di solito di 30-45’, l’uso di una diversa postura (ad esempio seduti), il tenere gli occhi aperti o ancora lo sdraiarsi su un lato. I survivor che rinunciano o prendono una pausa dalla pratica del Body Scan possono essere incoraggiati a riprovarci in qualunque altro momento. Offrire consigli che preparino la persona alla pratica del Body Scan è un’altra chiave per instillare l’intenzione a usarla. Se lasciamo che le persone sappiano cosa aspettarsi dalla pratica, e forniamo loro una versione modificata utile al mantenimento della finestra di tolleranza, saranno meglio equipaggiati per vivere un’esperienza di successo: la prevedibilità crea sicurezza e fiducia.

Nella sua ricerca fatta su una popolazione di survivor, TrishMagyari (2016) ha dimostrato come la meditazione del Body Scan fosse lo strumento di maggior aiuto nel percorso di guarigione. È dunque molto importante che, se pur con accorgimenti particolari, questa pratica venga svolta.

L’importanza di rispettare i confini fisici

Rispettare i confini fisici è una parte fondamentale della pratica per chi ha subìto un trauma. Rispettare ed essere consapevoli dei confini delle persone è in generale una buona pratica ma diventa cruciale con i survivor affinché possano sentirsi al sicuro, rispettati e liberi di scegliere. È necessario perché sono stati violati i confini della loro distanza fisica, energetica, di contatto, fino ai confini verbali. E’ fondamentale, inoltre, chiedere il permesso prima di poter toccare affinché la persona si possa sentire libera di scegliere all’interno del suo spazio personale: tutto è fatto al fine di mantenere un senso di sicurezza fisica ed emotiva. I sopravvissuti a traumi interpersonali, specialmente, possono essere stati violati nei loro confini fisici: il loro consenso non è stato richiesto, il loro senso di scelta e intenzionalità è stato violato. Per questo motivo, il professionista deve costantemente prestare attenzione ai modi in cui la sua presenza fisica impatta sull’altro. E’ buona norma non camminare o stare dietro a un survivor perché potrebbe sentirsi preso in agguato e questo potrebbe fungere da trigger. Bisogna sempre restare nel loro campo visivo così da mantenere il loro senso di sicurezza. Lo stesso discorso vale per il contatto fisico: se la persona con cui stiamo parlando è seduta sullo zafu (cuscino da meditazione) è bene che l’istruttore si metta in ginocchio per favorire il contatto visivo ma non tocchi la persona in alcun modo anche se in quel momento il messaggio che si vuol far passare è che ci si sta prendendo cura della persona.

Creare un posto al sicuro per meditare

Creare spazi fisicamente più sicuri implica occuparsi di diversi aspetti dell’ambiente per sostenere i sopravvissuti nella loro pratica. Di seguito alcuni suggerimenti:

  • Illuminazione: Lo spazio dovrebbe essere relativamente ben illuminato. Setting in penombra o scuri possono essere attivanti poiché diminuiscono la sensazione di sicurezza. Se per una qualunque ragione si decide di cambiare l’illuminazione di uno spazio, è bene avvisare prima la persona o il gruppo e chiedere il permesso.
  • Proteggere la visibilità: Nell’eventualità che lo spazio preveda finestre visibili dal pubblico, queste possono essere coperte per proteggere la privacy.
  • Programma prevedibile: Per promuovere un senso di intenzionalità e di auto-controllo, gli istruttori di Mindfulness devono offrire degli incontri che abbiano una struttura conosciuta e prevedibile. Dato che i survivor sono continuamente in lotta per avere un senso di sicurezza (per esempio per l’arrivo da un momento all’altro di un flashback), dare coerenza anche attraverso la prevedibilità della struttura dell’incontro Mindfulness è un modo prezioso per promuovere la sicurezza e la fiducia attraverso la trasparenza. La struttura può essere comunque cambiata a seconda delle necessità del gruppo.

Mettere a disposizione toilet agende

Le persone transgender e con una non conformità di genere* sono soggette ad affrontare giornalmente molestie, intimidazioni, violenza. Questo aspetto è inseparabile dal trauma. In aggiunta alla violenza diretta che le persone transgender devono affrontare, lo stress di essere continuamente confrontate o messe in discussione sulle scelte della toilette da utilizzare è un’ulteriore violenza, una vera e propria micro-aggressione, che può portare a sentirsi travolti e disregolati.

Poter offrire ai survivortoiletagender è un altro modo che aumenta la sicurezza e la possibilità di accesso agli spazi deputati alle pratiche meditative. Una toiletagender significa che tutti possono usarla. L’obiettivo qui non è necessariamente trasformare ogni bagno disponibile in struttura, ma assicurarsi che vi sia almeno un bagno agender accessibile. In questo modo ogni persona avrà rispettato il diritto di sentirsi al sicuro.

Offrire bagni agender è una modalità tramite cui ci assicuriamo che le persone si sentano al sicuro, riconosciute e in grado di scegliere.

Qui sono elencati diversi modi in cui creare una toiletagender:

  • Se la struttura prevede un solo bagno, mettere un cartello alla porta indicando che quello è anche un bagno agender
  • Se la struttura prevede più di due bagni, indicare che il terzo è agender
  • Mettere all’interno della struttura dei cartelli che guidino le persone sia verso i bagni legati al genere che a quello agender

* Il termine transgender è “un termine ombrello per indicare le persone la cui identità di genere e/o espressione di genere differisce da quella che è tipicamente associata con il sesso biologico” (GLAAD, 2017). Il termine non conformità di genere è usato per descrivere una persona la cui espressione di genere differisce dalle tradizionali idee di ciò che è maschile e femminile. E’ da tenere a mente che non tutti coloro che sono transgender si identificheranno come non-conformi al genere e viceversa.

Riferimenti bibliografici

Tratto e tradotto previa autorizzazione da Treleaven, D.A.(2018). Trauma-Sensitive Mindfulness: Practices for Safe and Transformative Healing. W. W. Norton & Company (p.137-149)

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