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COMPASSION FOCUSED THERAPY

Nel senso comune, la compassione è assimilata alla pietà: una pietà talvolta valutata come sconveniente e negativa, quasi una forma edulcorata di disprezzo. Eppure il termine, che viene dal latino e, prima, dal greco, contiene nella sua radice un sostrato di profonda tenerezza: compătĭor, infatti, è il verbo che designa il patire insieme, il soffrire con qualcun altro, sentendo sulla pelle il suo medesimo dolore. Un atto di amore, liberato da qualsiasi contrassegno di desiderio e contraccambio.
L’eco di questa semantica della dolcezza è tutto nelle parole del Dalai Lama, che definisce la compassione “una sensibilità verso la sofferenza di noi stessi e degli altri, unita a un profondo impegno nel tentare di alleviarla”.
La Compassion Focused Therapy (CFT) o terapia focalizzata sulla compassione (TFC), fa della compassione un atteggiamento mentale, una mentalità di base. La CFT è parte integrante e componente essenziale della CBT per il trauma.
La Compassion Focused Therapy (CFT) è stata specificamente ideata per sostenere persone affette da problemi mentali cronici e caratterizzate da alti livelli di vergogna e autocritica. Questi pazienti spesso provengono da contesti familiari difficili caratterizzati, ad esempio, da: trascuratezza, abusi, deprivazione emotiva, maltrattamenti (Gilbert, 2009; Gilbert, 2005).
Le persone che, durante l’infanzia, non hanno sperimentato sufficienti cure o comportamenti affiliativi da parte degli altri hanno meno facilità di accesso al soothing system (Sistema calmante), un particolare e fondamentale sistema di regolazione emotiva.
Le esperienze dolorose, i ricordi traumatici e le sensazioni spaventose che dalle une e dagli altri derivano, possono essere affrontate assecondando un approccio compassionevole oppure no: lo scopo della Compassion Focused Therapy è di affrontare responsabilmente ciò che arreca sofferenza, senza evitare né sopprimere le emozioni che scatenano travaglio e angoscia. Affinché ciò sia possibile, si ricorre all’uso di svariate tecniche ed esercizi meditativi in grado di incrementare il Sistema calmante, il quale ha la funzione di generare una sensazione di sollievo che aiuta nel recupero dell’equilibrio individuale. Inoltre, esso è fondamentale per il nostro senso di benessere ed è un elemento centrale nel Compassionate Mind Training (intervento madre della CFT). Quando il Sistema calmante è attivo, e di conseguenza il Sistema di protezione dalla minaccia è basso e ridotto, sperimentiamo una sensazione di sicurezza (safeness) e quindi coltiviamo uno stato mentale che ci permette di essere appagati, di sentirci in pace con noi stessi e col mondo, mantenendo inalterato il livello di attenzione e la motivazione a esplorare, perché ci sentiamo liberi di farlo (Bowlby, 1969, 1983; Porges, 2003, 2007).
Le persone con alti livelli di vergogna e di autocritica hanno una specifica difficoltà ad accedere a sentimenti di calore (verso sé stessi), compassione e rassicurazione: in questi soggetti il Sistema calmante sembra essere off-line (spento, scollegato). Per la CFT, infatti, il problema risiede nell’incapacità di questi pazienti ad accedere a questo sistema affettivo, quello calmante: infatti essi hanno di frequente “Pensieri alternativi” con un tono emotivo privo di calore, “freddo” (se non aggressivo); convinzioni (sensazioni) negative su sé stessi che impediscono loro di sperimentare sentimenti di compassione e di accettazione di sé.
Per tali ragioni, i pazienti vanno allenati a prendere una distanza critica dai propri problemi, dalle proprie emozioni, dai propri pensieri per trattarsi, invece, con più compassione e gentilezza.
Per quanto concerne il trauma, nell’ottica CFT esistono due differenti tipi di trauma collegati alla vergogna e capaci di produrre l’attivazione del Sistema di protezione dalla minaccia: il trauma da intrusione e violazione (abuso sessuale, bullismo, maltrattamento verbale e l’essere definiti da terzi con termini negativi) e il trauma da esclusione (generale assenza di vicinanza affettiva, idee o sensazioni di non essere abbastanza buoni per essere scelti o desiderati dagli altri).
Nel trauma da intrusione e violazione, il soggetto prova la sensazione di non potersi difendere o non avere il potere di fermare l’altro e quel che egli commette; coltiva sensazioni e idee di sentirsi piccolo, impotente, spaventato; inoltre è possibile che la vittima sperimenti il sé come un oggetto “ad uso” degli altri. Nel trauma da esclusione la vergogna è connessa alla sensazione di essere stati raramente notati o desiderati; non si tratta di un rifiuto attivo quanto piuttosto di un disinteresse di tipo passivo.
Tornare a recuperare una prospettiva di vita equilibrata e soddisfacente è possibile, attenuando sensibilmente il senso di colpa, le critiche feroci che la persona si riserva – spesso nel silenzio della propria intimità – i rimorsi sottaciuti che ruminano nella mente. Il trattamento è focalizzato sull’autocorrezione compassionevole e non giudicante di sé. Promuovendo il desiderio di migliorarsi, attraverso un atteggiamento accogliente che incoraggi il cambiamento con amorevolezza, gentilezza e supporto, il paziente riuscirà a sopire le voci interiori di biasimo, contestazione e critica. Allontanandosi dall’abitudine all’analisi giudicante e alla vergogna, infatti, si può fare spazio a una freschezza nuova, capace di aprire la visione di un futuro più semplice, spontaneo, ricco di opportunità da crescere e far sbocciare.

Riferimenti bibliografici

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