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Da vittima a survivor dello stupro subìto

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La grande bugia dello stupro sessuale è che causa una ferita emotiva permanente, un marchio che non potrà mai guarire. A volte per anni la vittima di uno stupro può sentirsi vuota, senza valore, non amabile e terrorizzata. La vittima di stupro può sentirsi intrappolata in un modo ambivalente: può disperatamente desiderare che qualcuno la accetti e la conosca, e tuttavia temere che questo qualcuno la conosca davvero, e magari in altri momenti sentire come se tutti sapessero che è stata stuprata semplicemente guardandola.

Uno dei pensieri automatici contraddittori potrebbe essere: “Mi dispiace che nessuno mi conosca veramente, e mi dispiace che nessuno mi potrà conoscere veramente”.

All’inizio del percorso di guarigione, potresti trovarti a usare parole scarne e orribili per descrivere te stesso:

  • traumatizzato per la vita
  • senza valore
  • danneggiato
  • sporco
  • inconoscibile
  • non degno

 

Queste parole descrivono una vittima di stupro. Ma il processo di guarigione è anche un processo di trasformazione da vittima a survivor.

 

Una vittima non ha minor valore di un survivor, non si tratta di un percorso finalizzato alla conquista di un valore. Sono semplicemente stati diversi dell’essere, definiti da differenti tipi di reazioni al dolore. Una vittima tende a sentirsi definita dal dolore, come se ogni aspetto della sua vita, spirito e futuro fossero compromessi, corrotti dallo stupro.

 

Durante il periodo di vita in  cui sei ancora una vittima di stupro piuttosto che un survivor, è probabile che tu metta in atto le stesse inefficaci modalità di coping. Molte vittime di stupro ricorrono all’alcool o alle droghe per anestetizzare le loro emozioni; fumano, alcune si feriscono e altre ancora usano il sesso come forma di autolesionismo.

 

Durante la fase di “vittima”, puoi diventare sempre più frustrato poiché niente di quello che fai sembra funzionare per più di un attimo. E questo ti porta a criticarti per la durata del processo, dal momento che dici a te stesso, e gli altri ti dicono, “ma non l’hai ancora superato? È tempo di lasciar andare. Lascia il passato nel passato”.

 

Potresti sentirti in colpa e depresso. Puoi avere problemi a mangiare e a dormire. Puoi sentirti vuoto e grigio dentro, confuso persino su chi sei. Puoi scoprirti arrabbiato verso coloro che non indovinano correttamente come rispondere alle tue esigenze, e finire per allontanarli, magari sentendoti ancora più vittima per via della solitudine che ne consegue.

 

Le emozioni sono una forma di comunicazione all’interno di te stesso e rivelano qualcosa di importante. Se si eliminano, ignorano, sopprimono, soffocano con alcool, o si trovano altri modi per falsificare come ci si sente davvero, le tue emozioni non saranno in grado di portare a termine il loro compito di esprimere qualcosa e questo farà sì che queste emozioni si mantengano in forme più confuse e ambigue, lasciandoti nel malessere.

 

Parte del processo di guarigione è fare dei collegamenti tra lo stupro in sé e i tuoi pensieri e sentimenti attuali che influenzano i tuoi comportamenti e le tue relazioni. Questa connessione può sembrare evidente all’inizio. Ma fin quando non la esamini realmente, non scrivi su di essa e non impari a metterla in discussione, la convinzione che sei senza valore o danneggiato continuerà a guidare una costellazione di altri sintomi.

 

Tra questi ci sono l’ansia, gli attacchi di panico, l’abuso di sostanze, l’autolesionismo e i disturbi sessuali.

 

Nel processo di guarigione è importante cambiare il linguaggio dello stupro, anche con quello che impari attraverso queste news. Spesso, infatti, le vittime possono essere molto crudeli e critiche con loro stesse.

 

Vediamo adesso che tipo di dialogo utilizzi:

  • Continui a degradarti, criticarti ed esprimere rifiuto?
  • Hai cominciato a credere che per colpa dello stupro, non sarai più meritevole di contribuire alla vita di un’altra persona?
  • Senti come se ci fosse scritto “feriscimi” sulla tua fronte?
  • Senti che accetti tutte le critiche degli altri, ma nemmeno un complimento?
  • Produci continuamente forme di arte o scrittura con ossessioni di immagini di ferite, sconfitte o angosce?
  • Attacchi briga con gli altri oppure hai un atteggiamento negativo e critichi gli altri non appena comincia il conflitto?
  • Ti comporti in modi che pensi porteranno gli altri a rifiutarti perché credi “mi rifiuteranno comunque, quindi togliamoci il pensiero…”?
  • Ripeti a te stesso che nessuno può amarti adesso?
  • Metti in guardia le persone che ti amano dicendo loro che non sei abbastanza buono e suggerisci loro di abbandonarti?
  • Provochi deliberatamente le persone che ti amano nel tentativo di metterle al sicuro e “salvarle” da te?
  • Ti trovi a chiedere il permesso di parlare, scusandoti per cercare aiuto o sentendoti immeritevole del loro tempo?
  • Fai commenti tipo “staresti meglio senza di me”, oppure “mi dispiace essere un tale peso per te” alle persone che provano a sostenerti?

Se una o più di queste cose caratterizzano i tuoi dialoghi , prova a metterle in discussione utilizzando la tecnica dell’avvocato del diavolo in cui ti sforzi di difendere il contrario delle tue credenze.

Riferimenti

  • Atkinson, M. (2010). Resurrection After Rape. RAR
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