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Judith Herman

A oggi, la categoria diagnostica del Post Traumatic Stress Disorder (PTSD) appare limitante rispetto alla complessità dei quadri clinici che possono emergere in relazione a traumi di varia natura; ad esempio, solo un terzo delle persone che ha vissuto abusi infantili e presenta sintomi connessi, riceve una diagnosi di PTSD. Per tale motivo Judit Herman, professoressa di psichiatria clinica presso la Harvard Medical School e direttrice della formazione nel programma Victims of Violence presso l’ospedale di Cambridge, propose il concetto di Complex Post-Traumatic Stress Disorder (cPTSD o PTSD complesso) per identificare la risposta patologica che compare nei sopravvissuti a traumi complessi (Herman, 1992). Il concetto di trauma complesso identifica eventi traumatici multipli che si ripetono in modo prolungato nel tempo, tipicamente di tipo interpersonale, cui la vittima non può sottrarsi. Esempi di traumi complessi possono essere episodi ripetuti di abusi su minori, violenza domestica prolungata, esperienze nei campi di concentramento/detenzione, tortura, schiavitù e genocidio. L’effetto di un trauma complesso è molto grave se si verifica durante il periodo di maturazione della personalità (Courtois & Ford, 2009) e può determinare, oltre ai sintomi del PTSD semplice, deficit nella regolazione emotiva, quindi problemi relazionali, impulsività, somatizzazioni e dissociazione (Herman, 1992).

Molti clinici, tra cui appunto la Herman, ma anche van der Kolk e altri autori esperti di psicotraumatologia, si fecero promotori al fine di inserire tale quadro clinico all’interno della classificazione diagnostica americana ( Herman, 2012b). A oggi, tale diagnosi, anche se ampiamente riconosciuta e inclusa con il nome di Disturbo da Stress Post-Traumatico complesso (Complex PTSD) nell’undicesima edizione dell’International Classification of Diseases(ICD-11) dell’OMS (WHO, 2018), non è stata ancora inserita nella classificazione diagnostica del DSM-5 (APA, 2013).
La categoria di cPTSD appare maggiormente esaustiva rispetto alla sintomatologia presentata da chi ha subìto un trauma prolungato nelle relazioni familiari e/o eventi traumatici multipli, che interferiscono con il normale sviluppo della persona (Herman, 2005). Per porre diagnosi di PTSD complesso è necessario che siano presenti le tre tipologie di sintomi centrali del PTSD, ossia risperimentazione, evitamento, iperattivazione, a cui si aggiungono compromissioni nelle seguenti sei aree del funzionamento personale: regolazione delle emozioni e controllo degli impulsi, attenzione e consapevolezza, percezione di sé, rapporti interpersonali, sistemi di significato e somatizzazione.
Di seguito viene presentata la diagnosi come descritta per la prima volta dalla Herman (1997, pag.121):

  1. Una storia di soggezione a un controllo totalitario lungo un periodo prolungato di tempo (da mesi a anni). Esempi includono ostaggi, prigionieri di guerra, sopravvissuti a campi di concentramento. Altri esempi riguardano coloro che sono soggetti a sistemi totalitari nella vita sessuale e domestica, tra cui violenza domestica, abuso fisico o sessuale infantile e sfruttamento sessuale organizzato.
  2. Alterazioni della regolazione emotiva, tra cui:
    1. Disforia persistente
    2. Preoccupazione suicidaria cronica
    3. Autolesionismo
    4. Rabbia esplosiva o estremamente inibita (possono alternarsi)
    5. Sessualità compulsiva o estremamente inibita (possono alternarsi)
  3. Alterazioni della coscienza, tra cui:
    1. Amnesia o ipermnesia degli eventi traumatici
    2. Episodi dissociativi transitori
    3. Depersonalizzazione/Derealizzazione
    4. Ri-esperienza del trauma, sia sotto forma di sintomi intrusivi del disturbo da stress post-traumatico sia come preoccupazione ruminativa
  4. Alterazione nella percezione di sè, tra cui:
    1. Senso di impotenza o paralisi di iniziativa
    2. Vergogna e senso di colpa
    3. Senso di stigma
    4. Sensazione di totale diversità dagli altri (può includernso di specialità, assoluta solitudine, convinzione che nessun altro possa capirli oe un se identità non umana)
  5. Alterazioni nella percezione del colpevole , tra cui:
    1. Preoccupazione per la relazione con il colpevole (include preoccupazione con vendetta)
    2. Attribuzione irrealistica del potere totale al colpevole
    3. Idealizzazione o gratitudine paradossale
    4. Sensazione di relazione speciale o soprannaturale
    5. Accettazione del sistema di convinzioni o razionalizzazioni del colpevole
  6. Alterazioni nelle relazioni con gli altri, tra cui:
    1. Isolamento e ritiro
    2. Distruzione delle relazioni intime
    3. Ricerca ripetuta del salvatore (si può alternare con isolamento e ritiro)
    4. Sfiducia persistente
    5. Ripetuti fallimenti di auto-protezione
  7. Alterazioni nei sistemi di significato:
    1. Perdita della fede e della fiducia
    2. Senso di disperazione

Nel suo libro “Guarire dal trauma” (1997), Herman scrive:

“Molti bambini maltrattati si aggrappano alla speranza che la crescita porti la possibilità della fuga e della libertà.Ma la personalità formata in un ambiente caratterizzato dal controllo coercitivo non si adatta bene alla vita adulta. Al sopravvissuto rimangono problemi fondamentali nella fiducia, nell’autonomia e nell’iniziativa personale. La persona che ha vissuto tali difficoltà si avvicina al compito della prima età adulta – stabilire l’indipendenza e l’intimità -gravata da gravi disabilità nella cura di sé, nella cognizione, nella memoria, nell’identità e nella capacità di stabilire relazioni stabili. È ancora prigioniera della sua infanzia e nel tentativo di creare una nuova vita, si scontra ripetutamente contro il trauma.”

La vergogna che segue le esperienze traumatiche può avere un effetto profondo e pervasivo sull’identità personale. L’io può essere visto come difettoso, intrinsecamente cattivo, impotente, meritevole di maltrattamenti e qualcosa che deve essere tenuto nascosto agli altri (Dutra, Callahan, Forman, Mendelsohn e Herman, 2008; Herman, 2012a).

La Herman ha dichiarato inoltre: “Gli osservatori che non hanno mai sperimentato un terrore prolungato e che non hanno conoscenza dei metodi coercitivi di controllo, spesso presumono che mostrerebbero una resistenza psicologica maggiore rispetto alla vittima in circostanze simile” (Herman, 1992, pag.388). Ma ciò risulta fin troppo semplicistico, in quanto un trauma prolungato spesso è connesso a specifiche difficoltà. Esistono, infatti, tutta una serie di tecniche coercitive, di cui la violenza è solo una, il cui scopo è quello di stabilire il dominio e abbattere l’autonomia e l’iniziativa. La vittima non è più in grado di sfuggire al colpevole e non ha volontà di resistere (Levine, 2010).

La Herman si è occupata anche della terapia di soggetti con cPTSD, e ha identificato tre stadi della guarigione (Herman, 2005): Sicurezza, ricordo/lutto, riconnessione con la vita ordinaria. Questo percorso a fasi non segue un andamento lineare, ma più spesso può prendere la forma di una spirale.La Herman, inoltre, sottolinea come trattamenti evidence based per il PTSD possono non essere del tutto efficaci per le persone con cPTSD (Herman, 2012b).

Secondo tale autrice, la guarigione del trauma complesso avviene principalmente grazie a una buona relazione di fiducia, che rende possibile lavorare sui sintomi, ma soprattutto consente di rielaborare esperienze dolorose e considerare la possibilità di costruire nuove relazioni (Herman, 2005).

Secondo la psichiatra, la guarigione da esperienze traumatiche complesse non può considerarsi mai completa del tutto, in quanto potrebbero presentarsi alcuni sintomi in seguito a nuove esperienze stressanti. Tuttavia, la risoluzione del trauma in terapia fa sì che il trauma non sia predominate nella vita del soggetto e debilitante rispetto al funzionamento e porti il sopravvissuto a condurre una vita piena e soddisfacente. I migliori indicatori di un buon risultato terapeutico sono “la ritrovata capacità di gioire della vita e di stabilire relazioni con gli altri. Il paziente dimostra maggiore interesse per il presente e per il futuro, anziché per il passato, ed è più capace di affrontare il mondo con un senso di apprezzamento e meraviglia anziché con paura” (Herman, 2005, pag. 273).

Riferimenti

  • American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statisticalmanual of mentaldisorders: DSM-5. (5th ed.). Washington, D.C.: American Psychiatric Association.
  • Courtois, EA., Ford, J.D. (a cura di) (2009). Treating Complex Traumatic Stress Disorders. Guilford Press, New York-London.
  • Dutra, L., Callahan, K., Forman, E., Mendelsohn, M., & Herman, J. (2008). Core schemas and suicidality in a chronically traumatized population. Journal of Nervous and Mental Disease, 196, 71-74.
  • Herman JL (1992). Complex PTSD: A syndrome in survivors of prolonged and repente trauma. Journal of traumatic stress, 5 (3), 377- 391.
  • Herman, J. (1997). Trauma and Recovery. The aftermath of violence – From domestic abuse to political terror. New York, NY: Basic Books
  • Herman JL.(2005). Guarire dal trauma : affrontare le conseguenze della violenza, dall’abuso domestico al terrorismo. Roma: Magi Editore.
  • Herman, JL. (2012a). Shatter ed shame states and their repair. In J. Yellin& K. White (Eds.), Shattered states: Disorganized attachment and itsrepair (pp. 157-170). London, England: Karnac Books
  • Herman, JL.(2012b). CPTSD is a distinctentity: Comment on Resick et al. (2012). Journal of Traumatic Stress, 25(3), 256–257.
  • Levine, P. A. (2010). In an unspoken voice: How the body releases trauma and restores goodness. Berkeley, CA: North Atlantic Books
  • WHO, World Health Organization. (2018). International Classification of Diseases, 11° revision (ICD-11).
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