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Perché chi ha subìto un trauma si fa del male?

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Quali sono le motivazioni che spingono a tagliarsi o bruciarsi?

Alcune persone che si tagliano trovano sollievo vedendo il loro sangue uscire dalle ferite. È come se tagliandosi creassero un’apertura attraverso cui far fluire rapidamente tutta la tensione e la cattiveria dal loro corpo. In questo modo esse associano il rilascio della tensione (con conseguente beneficio) alla vista del “sangue cattivo”, al punto tale da sentire la necessità persino di lasciarlo andare fuori dal loro corpo.

Alcune delle persone che si tagliano possono anche voler conservare il loro sangue in un contenitore o, quando si feriscono troppo, gli indumenti con cui si tamponano, allo scopo di guardarli in momenti difficili per calmarsi. Le persone che si tagliano descrivono le proprie ferite con enorme tenerezza, proprio come una mamma farebbe con quelle del proprio bambino, e le loro cicatrici possono anche diventare il simbolo di una guarigione in atto, come in un processo simbolico.

Altre persone si tagliano perché l’avere una ferita o una cicatrice da poter vedere valida il loro dolore emotivo rendendolo più vero. Altri ancora, nel guardare le ferite che si rimarginano, è come se sentissero una sorta di speranza per la guarigione delle ferite emotive.

Inoltre, tagliarsi e vedere il sangue è un gesto attraverso il quale le persone che tendono a depersonalizzarsi riescono a sentirsi vive e reali.

Alcuni, infine, utilizzano come forma di autolesionismo bruciare la propria pelle, piuttosto che tagliarsi; anche in questo caso viene sperimentato lo stesso tipo di sollievo dalla tensione. La fuoriuscita del siero causata dalla bruciatura può essere raccolta in un contenitore che può essere stappato in caso di bisogno e osservato per trarne conforto, proprio come il sangue.

Riferimenti

  • Calof, D.L. (1995a). Chronic self injury in adult survivors of childhood abuse: sources, motivations and functions of self-injury (Part I). Treating Abuse Today, 5(3), 11-17
  • Favazza, A.R., & Favazza, B. (1987). Bodies unders siege: Self mutilation in culture and psychiatry. John Hopkins University Press
  • Mitchell, J. & Morse, J. (1998). From Victims to Survivors. Taylor & Francis
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