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Network neuroanatomico

Gli eventi traumatici che hanno ripercussioni sul funzionamento psichico e psicofisiologico dell’individuo determinano anche delle alterazioni rilevabili a livello delle strutture cerebrali. Le conseguenze delle alterazioni dei circuiti cerebrali saranno tanto più gravi quanto più precoce è l’età del soggetto traumatizzato (Ammaniti, 2005).

Le alterazioni dei circuiti cerebrali, sia a livello strutturale che funzionale, sono state individuate grazie a studi di neuroimaging con risonanza magnetica. Le regioni cerebrali alterate nei soggetti con PTSD includono l’ippocampo, l’amigdala e la regione corticale pre-frontale.

  • l’amigdala svolge un ruolo cardine nella valutazione del significato emotivo degli stimoli afferenti (Le Doux, 1986)
  • l’ippocampo codifica la memoria dell’esperienza vissuta in una dimensione spazio-temporale e il suo funzionamento è necessario sia alla memoria esplicita che in quella dichiarativa (Squire, Zola-Morgan, 1991)
  • la corteccia prefrontale ha connessione diretta con l’amigdala nei circuiti di attivazione dello stress e della paura

I dati più significativi emersi dagli studi sui correlati neuroanatomici del trauma sono due: una diminuzione del volume dell’ippocampo e un’iperattivazione dell’amigdala associata a una marcata lateralizzazione dell’emisfero destro:

Ippocampo

Sono stati condotti diversi studi di neuroimaging con fMRI (risonanza magnetica funzionale) su popolazioni di soggetti affetti da PTSD versus popolazione di soggetti volontari sani di controllo, e anche studi metabolici di medicina nucleare su soggetti con PTSD (PET tomografia a emissione di positroni). In questi studi sono state riscontrate alterazioni dell’ippocampo con riduzione del suo volume in diversi gruppi di soggetti con PTSD: reduci di guerre, donne soggette ad abusi sessuali prolungati nel tempo, persone sottoposte ad abuso fisico e psicologico protratto (Bremner, et al., 1995; Bremner, 2002). Gli studi di neuroimaging che utilizzano la spettroscopia di risonanza magnetica protonica, un metodo per valutare il metabolismo delle regioni cerebrali in vivo, hanno dimostrato una riduzione dei livelli dell’N-acctyl aspartato (NAA), un marker dell’integrità neuronale, nell’ippocampo di pazienti adulti con PTSD.

La riduzione del volume ippocampale nei soggetti con PTSD può riflettere gli effetti tossici accumulati con una esposizione ripetuta a un aumento dei livelli di glucocorticoidi.

Studi recenti dimostrano, inoltre, che volumi dell’ippocampo costituzionalmente ridotti rispetto alla media potrebbero essere un fattore di vulnerabilità preesistente  per lo sviluppo di PTSD. Gli studi che utilizzano neuroimaging funzionale hanno inoltre dimostrato che i pazienti con PTSD hanno un deficit di attivazione dell’ippocampo durante la memoria dichiarativa verbale e una ridotta capacità di formulare adeguate risposte allo stress, così come un deficit nel discriminare tra contesti ambientali sicuri e non sicuri.

Amigdala

L’amigdala è una struttura limbica coinvolta nell’elaborazione delle emozioni ed è fondamentale per l’acquisizione della capacità di risposta alla paura. Il ruolo funzionale dell’amigdala nel mediare sia le risposte allo stress che l’apprendimento delle emozioni identifica implicitamente la sua importanza nella patofisiologia di PTSD.

Studi di imaging funzionale hanno rivelato una iper-reattività dell’amigdala nei soggetti con PTSD durante la presentazione di stimoli stressanti come il ricordo di eventi traumatici, ma anche durante stimoli di tipo emotivo come il mostrare volti di persone tristi, felici , arrabbiate, ecc.

Uno studio PET effettuato su soggetti affetti da PTSD ha evidenziato, durante l’esposizione ai racconti traumatici, un aumento di attività solo dell’emisfero destro, nelle aree maggiormente coinvolte nell’attivazione emotiva e più intimamente associate all’amigdala.

L’attivazione di queste strutture era accompagnata da un aumento dell’attività della corteccia visiva destra, che rispecchiava la re-esperienza visiva dei traumi riferiti dai pazienti. Uno degli aspetti più significativi di questi studi è rappresentato dal riscontro che l’area di Broca, ovvero quell’area cerebrale dell’emisfero sinistro responsabile della traduzione delle esperienze in parole comunicabili, era del tutto silenziosa, “spenta” , priva di segnali rilevabili di attivazione.

Questo riscontro, secondo van der Kolk (2004), potrebbe correlare con quello che si definisce “terrore muto” , e nella tendenza dei soggetti affetti da PTSD a provare emozioni sotto forma di stati fisici, piuttosto che come esperienze codificate verbalmente.

Per questo motivo è stato ipotizzato che la difficoltà dei pazienti con PTSD nel tradurre in parole le proprie sensazioni potrebbe essere legata a mutamenti strutturali e funzionali nell’attività delle regioni del cervello deputate al ricordo delle emozioni e al linguaggio.

“Queste osservazioni vanno a sostegno delle ipotesi di LeDoux (1992), secondo cui i ricordi emotivi possono essere instaurati senza una valutazione conscia dell’informazione. Nello specifico, l’informazione sensoriale, entrata nel sistema nervoso centrale tramite gli organi di senso, passa al talamo che, a sua volta, invia questa informazione sensoriale grezza all’amigdala e alla corteccia prefrontale per un’ulteriore valutazione; l’amigdala interpreta la valenza emotiva dell’informazione in ingresso, e vi allega un significato emotivo, passandola alle aree cerebrali che controllano i sistemi di risposta comportamentali, autonomi e neurormonali. In altre parole, l’amigdala trasforma gli stimoli sensoriali in segnali emotivi e ormonali, avviando e controllando le risposte emotive. Poiché l’input dal talamo arriva all’amigdala prima dell’informazione proveniente dalla neocorteccia, LeDoux suggerisce che questo primo input proveniente dal talamo “prepari” l’amigdala a elaborare l’informazione che arriva successivamente dalla corteccia, in modo che la valutazione emotiva dell’input sensoriale preceda l’esperienza emotiva consapevole. I soggetti, quindi, possono attivarsi fisiologicamente e per via ormonale, prima che siano capaci di valutare consapevolmente ciò a cui stanno reagendo. Una volta che l’amigdala ha assegnato una valenza emotiva all’input sensoriale, invia questa valutazione ad altre strutture cerebrali, tra cui l’ippocampo e la corteccia prefrontale, il cui scopo è di organizzare questa informazione e integrarla con quelle preesistenti. L’intensità di attivazione dell’ippocampo dipende dall’intensità dell’input proveniente dall’amigdala: quanto maggiore è la valenza assegnata dall’amigdala, tanto più intensamente l’input sarà registrato e tanto più saldamente la memoria verrà conservata. Ma, mentre un’attivazione moderata o alta dell’amigdala favorisce il potenziamento a lungo termine della memoria esplicita mediata dall’ippocampo, una stimolazione eccessiva danneggia il funzionamento di quest’ultimo. Quando ciò accade le impressioni sensoriali dell’esperienza sono archiviate in memoria, ma dato che l’ippocampo non è in grado di compiere la sua funzione integrativa e di supporto alla contestualizzazione spazio-temporale dell’informazione, queste impressioni non sono organizzate in un tutto unitario: l’esperienza viene depositata e, più tardi recuperata, come stati affettivi, modalità sensomotorie, sensazioni fisiche e immagini visive, percepite come estranee e separate dalle altre esperienze di vita”

Tutto questo fa in modo che ai ricordi traumatici non si attribuisca un “tempo” e vengano percepiti come estranei alla percezione soggettiva dei pazienti con PTSD: le esperienze traumatiche potrebbero essere registrate dal nostro cervello come sensazioni o stati sensoriali che non vengono raccolti e tradotti in un racconto soggettivo, per cui i ricordi dei traumi si presentano come stati emotivi e sensoriali (van der Kolk, 2004).

Lateralizzazione emisferica destra

Tutto l’insieme di questi riscontri neuroanatomici, funzionali e metabolici porta a pensare che le esperienze traumatiche siano legate ad alterazioni nella fisiologica lateralizzazione emisferica delle esperienze. Nei soggetti con PTSD si evidenzia una sproporzionata attivazione dell’emisfero destro (specializzato nell’espressione delle emozioni), rispetto a quello sinistro (specializzato nell’analisi cognitiva e nella produzione linguistica) durante il processo neurofisiologico dell’elaborazione traumatica  (o di stress) (Rauch et al., 1996).

L’area di Broca, che come è stato detto è deputata all’elaborazione della “parola”, mostra una riduzione della sua attività durante l’esposizione al  ricordo del trauma: la capacità  di elaborare con il  linguaggio l’esperienza traumatica è un tassello fondamentale per una corretta classificazione e integrazione con altre esperienze, l’incapacità di integrare il ricordo riscontrata nei soggetti che soffrono di PTSD potrebbe costituire il nucleo centrale della patologia stessa.

La corteccia frontale

La corteccia prefrontale mediale (PFC) comprende la corteccia cingolata anteriore (ACC), la corteccia subcallosa e il giro frontale mediale. La PFC mediale esercita il controllo inibitorio sulle risposte allo stress e sulle reazioni alle emozioni, in parte con le sue connessioni dirette con l’amigdala.  Nei soggetti con PTSD si è evidenziato, con studi di risonanza magnetica, una riduzione del volume della corteccia frontale, in particolare con quello dell’ACC che in alcune ricerche ha una correlazione diretta con la gravità dei sintomi (maggiore è la gravità dei sintomi maggiore è la riduzione del volume della ACC). Un recente studio condotto sui gemelli ha suggerito che la riduzione di volume dell’ACC è secondaria allo sviluppo di PTSD piuttosto che un rischio preesistente. Con la risonanza magnetica funzionale si è inoltre riscontrata una complessiva ridotta attivazione della PFC in pazienti con PTSD agli stimoli esterni di immagini, suoni, sensazioni correlate al trauma. Tutti fattori che suggeriscono una riduzione del ruolo di feedback negativo della PFC sull’amigdala nei pazienti affetti da PTSD.

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