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Come sviluppiamo la capacità narrativa

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Solo tra i 7 e i 10 anni apprendiamo l’abilità di costruire un discorso che ci permette di gestire il nostro mondo interiore. Fino a quando non raggiungiamo questa età, siamo prigionieri del contesto nello stesso modo in cui i bambini scoppiano a ridere con gli occhi ancora pieni di lacrime o si disperano per una minima cosa, ma sperimentano grande gioia davanti a una farfalla che vola.

I bambini piccoli trovano difficile rispondere a una domanda del tipo “cosa hai fatto oggi?” perché farlo richiede una rappresentazione del tempo. I bambini possono descrivere gli eventi esterni prima di essere in grado di costruire un mondo interiore per loro stessi.

I bambini tra i 7 e i 10 anni tendono a parlarsi facendo una serie di affermazioni che provano a rispondere alla domanda, “gli altri chi pensano che io sia?”.

Il loro eloquio diventa sensibile al genere in un’età molto precoce “Sono una femminuccia. Mi chiamo Silvia, ho i capelli biondi corti”. Le bambine spesso usano il verbo amare, “Amo Maddalena, amo il mio vestito, amo il colore dei miei occhi”. I maschi, invece, preferiscono i verbi essere e avere, “Sono alto. Sono bravo a calcio. Ho una bella bici”.

Più è piccolo il bambino, più è assertivo il discorso. È solo crescendo che compaiono le sfumature e i dubbi. Le bambine attribuiscono più importanza allo sguardo degli altri, mentre i maschi parlano sempre di più in termini di punti di riferimento gerarchici.

Il modo in cui spontaneamente lavoriamo sulla nostra rappresentazione in relazione alla nostra età, genere e circostanze emotive e culturali, è testimone del modo in cui la nostra immagine di sé può essere modificata dagli effetti di tutte le storie che sentiamo. Le storie sono più elaborate e meno stereotipate dei discorsi, e implicano che i fatti debbano essere intenzionalmente riorganizzati in ricordi prima di poter costruire una rappresentazione di sé che è rivolta a coloro che ci circondano, alla nostra cultura e a una terza parte che può essere reale o immaginaria.

Quando il soggetto non riesce ad assumere questo compito, perché troppo giovane, perché la sua famiglia lo mette a tacere o perché il danno cerebrale causato da un incidente o una malattia rende impossibile rappresentarlo nel tempo, la resilienza diventa difficile. Ma fino a quando la nostra immagine del sé può essere modificata e fino a quando il nostro coinvolgimento nella realtà psichica e sociale ci permette di lavorarci, la resilienza è ancora possibile poiché implica che possiamo andare avanti, riorganizzando il racconto attraverso la narrazione.

Riferimenti

  • Cyrulnik, B. (2005). Talking of Love. How to overcome Trauma and Remake Your Life Story. Penguin
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