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Sesso, fiducia e cura

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È stato ampiamente documentato che lo stupro è un crimine di violenza, non un crimine sessuale. Tuttavia, visto che la rabbia, il disprezzo, la paura e la violenza, nello stupro, sono agiti sessualmente, molte persone continuano a considerarlo un atto di passione sessuale. Questa osservazione permette di sottolineare quanto sia facile creare una connessione tra due fenomeni diversi quando questi si verificano l’uno vicino all’altro o quando hanno aspetti comuni.

La distinzione tra il ridere e il ridicolo non è immediatamente chiara a qualcuno che ha sperimentato l’umiliazione di essere deriso o preso in giro. Per colui che è stato attaccato da un cane, tutti i cani, non importa quanto piccoli e carini, possono essere motivo di terrore. Un bambino che ha subìto percosse per aver parlato durante i pasti può, da adulto, diventare un compagno di cena non comunicativo e cupo. Egli può non essere nemmeno consapevole del motivo per cui le cene lo mettono così a disagio, ma di fatto è una situazione che si verifica.

I collegamenti risalgono all’infanzia e, per quanto nel contesto dell’esperienza di allora certe emozioni fossero perfettamente logiche, in età adulta, senza che la persona ne sia consapevole, potrebbero risultare molto destabilizzanti.

Allo stesso modo, l’abuso infantile lascia al bambino un messaggio che equipara la cura al sesso. Un adulto di fiducia viola una posizione di responsabilità vittimizzando sessualmente il bambino. Un adulto che si presume debba prendersi cura di lui diventa il suo carnefice. Il bambino impara così a diffidare di qualsiasi persona voglia offrire cure, timoroso che queste porteranno a ulteriori vittimizzazioni sessuali. Queste associazioni non sono fatte in modo consapevole – non siamo sempre consapevoli dei messaggi che impariamo – ma comunque vengono create e mantenute nel tempo.

Il bambino sessualmente vittimizzato fa molte connessioni in base all’abuso subìto. Avendo vissuto la sessualizzazione di una relazione significativa, protettiva e di cura, il bambino conclude che qualsiasi espressione di cura porterà al sesso. Contemporaneamente, sente che, per essere oggetto di cura, deve essere disponibile a sottomettersi al sesso. Tutte le forme di contatto (di un particolare tipo, gentile o violento, a seconda della situazione) possono essere interpretate come sessuali. Se la violenza fisica è stata parte dell’abuso, allora anche toccare, prendersi cura e/o fare sesso possono diventare atti violenti.

Per molti survivor adulti, dunque, contemplare una relazione sessuale “normale”, oppure delle amicizie, un’intimità e una fiducia con altri non fa altro che evidenziare la loro differenza dal resto dell’umanità. Non riescono a riconoscere gesti di cura oppure non sanno fidarsi della buona fede degli altri. Il sesso sembra un argomento troppo confusivo di suo, senza le ulteriori aggiunte terrificanti del doversi affidare e prendere cura. E così spesso rinunciano…

Riferimenti

  • Lew, M. (2004). Victims no longer. The classic guide for men recovering from sexual child abuse. Harper.
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