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L’incesto e le relazioni di dipendenza

L’Enciclopedia online della Treccani definisce incesto il “rapporto sessuale fra persone legate fra loro da quei rapporti di consanguineità o affinità che oppongono impedimento assoluto al matrimonio”. Per affinità si intende il vincolo che sussiste tra il coniuge e i parenti dell’altro coniuge.

L’incesto è la forma più grave, ma anche più comune, di abuso sessuale.

In realtà è doveroso tener presente, come dice Sue Blume, che da sola la consanguineità non rappresenta una discriminante assoluta per definire la gravità di un abuso. Per fare questo, dobbiamo guardare non solo ai legami di sangue, ma a tutti i legami emotivi e di dipendenza tra la vittima e l’abusante.

Nei rapporti di consanguineità e affinità come nelle relazioni importanti, la persona a cui il bambino fa affidamento e di cui ha bisogno “approfitta” di questa dipendenza. Il bambino non ha scelta, e non solo perché l’abusante è più grande, più adulto o più dominante socialmente, ma perché la sopravvivenza fisica e/o emotiva del piccolo dipende dall’accettazione e dal consenso dell’adulto.

È dunque la relazione di dipendenza tra vittima e abusante, oltre alla più nota consanguineità,  un altro fattore predittivo della gravità degli effetti dell’esperienza di abuso sessuale.

In conclusione, a sortire effetti gravi non è solo l’abuso di un bambino da parte di un genitore, fratello, zio, nonno o cugino, ma anche da parte di un insegnante, prete, babysitter, vicino di casa con cui il bambino ha una relazione significativa di fiducia e dipendenza.

Riferimenti

  • Blume, E.S. (1990). Secret Survivors: Uncovering Incest and Its Aftereffects in Women. New York: Ballantine Books
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