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Terapia metacognitiva interpersonale (TMI)

A partire dall’incrocio tra predisposizioni ereditate biologicamente ed esperienze relazionali ripetute, in particolare quelle avute nelle interazioni con le figure di riferimento (caregivers), sviluppiamo degli schemi interpersonali, ovvero delle previsioni di come andranno le nostre interazioni sociali. Essere esposti, nel corso dello sviluppo, a ricorrenti esperienze relazionali disfunzionali o, addirittura, ad esperienze di violenza e trascuratezza, porta alla formazione e al consolidamento di schemi interpersonali maladattivi che, dunque, genereranno un’estrema sofferenza interna e svariate difficoltà relazionali durante l’intera esistenza dell’individuo.
Ad esempio, un bambino che di fronte alle sue richieste di cure e conforto ha ricevuto continue risposte di disinteresse da parte dei caregivers, svilupperà, con molta probabilità, una rappresentazione di sé come non amabile. Da adulto, il suo schema interpersonale, formatosi durante lo sviluppo, gli suggerirà che il suo desiderio di essere aiutato andrà incontro ad un destino infausto. Ciò, verosimilmente, lo porterà a non manifestare il suo bisogno di aiuto e, di conseguenza, a non riceverlo: questo confermerà l’idea di sé come non amabile, comportando una notevole sofferenza personale che, magari, tenterà di gestire con il sesso compulsivo, con l’alcool, con l’uso di droghe, amplificando però, in tal modo, il dolore iniziale.
Gli schemi interpersonali non sono semplicemente delle idee coscienti su di sé e sugli altri, ma qualcosa di incarnato, un modo di sentirsi. Ritornando all’esempio, quella persona non penserà solamente di essere non amabile, ma percepirà quella sensazione nei visceri e nei muscoli.
In tal senso, la Terapia Metacognitiva Interpersonale (TMI), attraverso l’integrazione di tecniche immaginative, drammaturgiche, corporee e di mindfulness, interviene alla radice degli schemi interpersonali maladattivi.
In una prima fase, denominata formulazione condivisa del funzionamento, paziente e terapeuta si focalizzeranno sulla comprensione degli stati mentali, dei processi di ragionamento, degli schemi interpersonali del soggetto, e sul miglioramento delle capacità autoriflessive della persona in modo da avere una mappa del funzionamento mentale rispetto alla quale entrambi concordano.
In una seconda fase, denominata promozione del cambiamento, si focalizzeranno sulla riduzione della sofferenza, sull’assunzione di prospettive differenti e sulla costruzione di nuove e più funzionali narrazioni di sé che guideranno verso azioni sociali più adattive e verso la realizzazione personale (Dimaggio, Montano, Popolo, Salvatore, 2013; Dimaggio, Ottavi, Popolo, Salvatore, 2019; Dimaggio, Semerari, 2003).

Riferimenti

  • Dimaggio, G., Montano, A., Popolo, R., Salvatore, G. (2013). Terapia metacognitiva interpersonale dei disturbi di personalità. Raffaello Cortina, Milano.
  • Dimaggio, G., Ottavi, P., Popolo, R., Salvatore, G. (2019). Corpo, immaginazione e cambiamento. Terapia metacognitiva interpersonale. Raffaello Cortina, Milano.
  • Dimaggio, G., Semerari, A. (2003). I disturbi di personalità. Modelli e trattamento. Editori Laterza, Bari-Roma.
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