vai al contenuto principale

Eye Movement Desensitization and Reprocessing (EMDR)

L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing – Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso Movimenti Oculari) è un protocollo clinico, sviluppato a partire dalla fine degli anni Ottanta; è costituito da procedure strutturate che si distribuiscono in 8 fasi. Il protocollo d’intervento prevede, durante la focalizzazione di alcuni elementi del ricordo traumatico, una “stimolazione bilaterale” che consiste nel muovere gli occhi da destra a sinistra, seguendo le dita del terapeuta, ma che può anche prevedere un tamburellamento (alternato destra/sinistra) su alcune parti del corpo o l’ascolto di suoni alternati (destra/sinistra) presentati alle orecchie.

Oggi, la terapia EMDR rappresenta uno dei trattamenti maggiormente raccomandati per trattare il trauma, stante la sua comprovata efficacia. Secondo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) è, insieme alla CBT (Cognitive Behavioral Therapy) focalizzata sul trauma, uno dei trattamenti validati specifici per il trauma. Dagli studi effettuati, ad esempio, dal “Dipartimento per gli affari dei veterani e dipartimento della difesa” (2017), la terapia EMDR ha ricevuto il livello più alto di raccomandazione e inserita nella categoria delle tre “psicoterapie focalizzate sul trauma con le prove più evidenti degli studi clinici” (p.46). Come indicato nelle linee guida, “questi trattamenti sono stati testati in numerosi studi clinici, in pazienti con compromissioni complesse e comorbidità, rispetto a condizioni di controllo attivo, hanno un follow-up a lungo termine e sono stati convalidati da gruppi di ricerca diversi dagli sviluppatori”.

Recentemente, studi di neuroimaging strutturali e funzionali più sofisticati che utilizzano tecniche strutturali e temporali ad alta risoluzione stanno iniziando a fornire prove preliminari nei correlati neuronali prima, durante e dopo la terapia EMDR. Un importante ruolo, nel determinare l’efficacia dell’EMDR, è rivestito proprio delle neuroscienze. Grazie a diversi strumenti, oggi largamente diffusi e utilizzati nella ricerca, quali la NIRS (Spettroscopia nell’infrarosso vicino), Imaging funzionale, Imaging nucleare, EEG (elettroencefalografia), RMf (risonanza magnetica funzionale), si è potuto evidenziare quali cambiamenti avvengono, durante e dopo il trattamento con EMDR, nelle aree celebrali deputate alla gestione dello stress, quali l’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), le aree corticali e la corteccia prefrontale. Questi studi hanno evidenziato come l’EMDR impatti sulle strutture implicate nel PTSD (Disturbo da stress post traumatico) e ne normalizzi la funzione, ripristinando la fisiologia e favorendo la remissione dei sintomi.

L’EMDR fonda le sue radici nell’AIP (Adaptive Information Processing) e si basa sull’ipotesi che un evento traumatico blocchi il processo innato del cervello di elaborazione dell’informazione, congelandolo, insieme alle emozioni e alle sensazioni fisiche legate al trauma, in una forma frammentata e non integrata.
Oggi sappiamo che le esperienze possono continuare ad avere un impatto sulle strutture cerebrali nel corso della nostra intera esistenza, modificando le connessioni che si stabiliscono nelle reti neurali. Secondo il modello dell’AIP, il modo in cui le esperienze traumatiche possono rimanere nella memoria non è un fatto mentale, ma è fisico, cioè come ricordo immagazzinato in una rete neurale non elaborato, perché la capacità di elaborare l’informazione traumatica rimane interrotta. Le esperienze con emozioni intense creano circuiti di memoria implicita nel sistema limbico che possono durare una vita, una volta che il consolidamento complesso di queste tracce di memoria viene completato. Questi circuiti consolidati sono chiusi in sinapsi durevoli e speciali. Per questo i ricordi emotivi sono tenaci. «L’abuso è finito a 12 anni, ma la vergogna, la rabbia e la paura sono rimaste per tutta la vita»

L’assunto di base è che l’EMDR ri-attivi tale sistema cerebrale deputato al processamento dell’informazione relativa all’intensa esperienza traumatica che il cervello, fino a quel momento, non è stata in grado di processare e neutralizzare. Una volta avuto accesso e riprocessati i contenuti (quindi, una volta diminuite le conseguenze emotive “fuori controllo” associate alle memorie traumatiche), questi possono essere “archiviati” come normalmente avviene per le memorie dichiarative. L’EMDR lavora su diversi canali: sensazioni, immagini, pensieri ed emozioni associati ai contenuti negativi della memoria traumatica. Il ricordo viene sistematicamente “depurato” da ciò che risulta doloroso ed emotivamente travolgente; allo stesso tempo vengono sbloccate le memorie positive che aiutano a completare il quadro dell’evento, modificandone le emozioni complessive associate. Questo processo aiuta la persona ad accedere a nuovi pensieri/credenze e a percepirsi in maniera positiva.

L’EMDR è stata modificata nel tempo e recentemente sono stati sviluppati protocolli per il trattamento di diverse patologie. Ciò è accaduto grazie al fatto che tutte le più recenti ricerche si sono indirizzate allo studio della connessione tra attaccamento, traumi, sviluppo della personalità e patologia. Anche nell’ultima edizione del DSM (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders), i riferimenti al trauma, come causa e concausa di disturbo, sono 52, oltre quelli che rimandano a disturbi non inclusi in quella specifica categoria, ridefinendo, inoltre, la psicopatologia come un continuum che va dall’infanzia all’età adulta.
Infatti, le esperienze sfavorevoli infantili (ESI, childhood adversities») sono associate al 44% delle psicopatologie durante lo sviluppo e al 30% negli adulti e sono le cause più frequenti di disturbi psicologici a tutte le età.
E’ molto importante, infine, sottolineare che l’EMDR deve essere effettuata da un professionista che sia abilitato e riconosciuto dall’Associazione EMDR Italia o Europe all’uso di questa psicoterapia e che abbia, quindi, acquisito una consolidata esperienza sull’utilizzo di questa tecnica.

Bibliografia

  • American Psychiatric Association. (2014). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders: DSM-5. Washington, D.C.: American Psychiatric Association.
  • Calancie, O.G.,  Khalid-Khan, S.,  Booij, L., Munoz, D. P. (2018). Eye Movement Desensitization and Reprocessing as a Treatment for PTSD: Current Neurobiological Theories and a New Hypothesis. Annals of the NY Academy of Sciences. DOI: 10.1111/nyas.13882.
  • Fernandez, I. (2016). Worhshop sulla concettualizzazione del caso in EMDR – Roma.
  • LeDoux, J. (2016). Ansia, come il cervello ci aiuta a capirla. Milano: Raffaello Cortina.
  • Miller, H. G., McGowan, W., Farrell, B. D., McLaughlin, D. F. (2019). The Predictive Processing Model of EMDR. Frontiers in Psychology Oct 4: 10-2267.
  • Pagani, M. (2018). Brain imaging e meccanismi d’azione dell’EMDR. Estratto dalla presentazione planetaria di Strasburgo 2018.

Sitografia

Torna su