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Parlare del trauma è parte della guarigione

La parola è il primo strumento che dà avvio al processo terapeutico e di guarigione, poiché tramite la parola emergono i primi contenuti del trauma, quelli espliciti e verbalmente accessibili. La narrazione della storia traumatica consente l’espressione verbale di parte dei pensieri e delle emozioni che producono sofferenza, avviando così il processo di costruzione del significato (Ogden et al., 2006). Il supporto sociale, inoltre, può ridurre la sofferenza; basti pensare che alcuni dati sperimentali, acquisiti in setting di laboratorio, hanno mostrato che la presenza di persone di supporto è associata alla riduzione di attivazione fisiologica (per esempio, rallentamento del battito cardiaco) in presenza di fattori di stress.

I sopravvissuti a un trauma si sforzano molto, attivamente e intenzionalmente, per evitare i pensieri, le emozioni e le situazioni associati all’esperienza traumatica, quindi cercano di allontanare anche ogni forma di conversazione che potrebbe portarli a dover raccontare la loro storia. La narrazione dell’evento, infatti, riattiva il ricordo, che può suscitare una risposta fisiologica indesiderata (come un aumento dell’attivazione corporea). Inoltre, molte persone possono essere reticenti a raccontare la propria storia anticipando delle reazioni negative altrui, come la critica, la colpevolizzazione, la stigmatizzazione, l’allontanamento, ecc. Questi meccanismi di difesa e di evitamento non fanno altro che mantenere e alimentare la sofferenza associata alla memoria traumatica (p.e., Pietrzak et al., 2011; Pineles et al., 2011). Pertanto, se da una parte la naturale tendenza dei sopravvissuti a un trauma è quella di non raccontare la loro storia, dall’altra devono essere incoraggiati a condividere l’esperienza traumatica (Nachar et al., 2014) perché è un passo necessario nel percorso di guarigione.

Sarebbe auspicabile se sceglieste di condividere la vostra esperienza traumatica non solo con uno psicologo o uno psicoterapeuta ma, soprattutto, con le persone che fanno parte della vostra vita quotidiana, i vostri familiari, il partner, gli amici, le persone con cui lavorate, anche conoscenze virtuali, sicure, come quelle che farete frequentando questo sito.

Pensiamo, dunque, sia importante darvi alcuni suggerimenti per farlo nel modo migliore per voi e per il vostro benessere, nel caso si tratti di persone appartenenti al mondo reale.

  1. Non parlate del trauma quando siete sopraffatti dai sentimenti che lo accompagnano e soprattutto se non siete perfettamente presenti e lucidi.
  2. Non cercate di utilizzare il trauma per stabilire un legame con un’altra persona. Al contrario, prima di raccontare la vostra storia, fate in modo che le persone conoscano degli altri aspetti di voi e della vostra vita.
  3. Ricordate che potete interrompere in qualsiasi momento il vostro racconto. Potete farlo nei casi in cui, per esempio, ciò vi susciti nervosismo, ansia, altri sintomi difficili da gestire o nel momento in cui non vi doveste sentire a vostro agio con la risposta fornita dall’interlocutore.
  4. Non dovete per forza condividere l’intera storia, ma potete parlare solo dei momenti più rilevanti, di come il trauma influisce sulla vostra vita attuale o di qualcosa di più generale.
  5. Condividere la vostra esperienza traumatica è importante, molto importante, ma fate attenzione a chi confidate la vostra esperienza, non esponetevi a rischi eccessivi nel vostro ambiente di lavoro, o con chi potrebbe comunque avere nei vostri confronti una posizione di superiorità.

A chi chiedere aiuto?

Le vittime di traumi, di abusi, provano sintomi complessi e devastanti, compresa l’esperienza di vivere in modo dissociato dalla realtà, un meccanismo di difesa legato all’esperienza del trauma e al ricordo che questo lascia nella memoria del nostro corpo (Cori & Scaer, 2007). Ed è proprio questa memoria traumatica nel corpo che, spesso, blocca la persona nel passato, nella paura, incapace di proteggersi; una memoria che rende fragili, vulnerabili, ipersensibili alle violazioni dei propri confini corporei. Per tutta questa molteplicità di sintomi complessi è importante affidarsi a uno psicoterapeuta, che possa fare fronte alla complessità e alla fragilità della persona che ha subito abusi. Una persona che sappia agire, non solo come farebbe un amico per il bene e con affetto, ma con esperienza e competenza, e in grado di muoversi con delicatezza nel mondo così complesso di sentimenti , paure, sintomi e disturbi correlati al trauma subito.

La psicoterapia è una parte importante del processo di guarigione e per affrontarla è necessaria un’alta motivazione a imparare, a sentire, ad aprirsi e a mettere in atto ciò che verrà appreso. Non sarà un percorso semplice, richiederà volontà e tempo, ma investirete nel processo di guarigione migliorerà la qualità della vita e permetterà di ottenere risultai.

Il percorso di psicoterapia rappresenta la possibilità di continuare la propria vita, avere degli obiettivi da perseguire. Nel caso in cui il vostro scopo fosse solamente quello di alleviare alcuni sintomi, sappiate che non state puntando abbastanza in alto. La terapia può aiutarvi davvero ad avere finalmente la vita che vorreste.

Il trauma influenza l’esperienza della vita presente, rendendo difficile raggiungere l’intimità con gli altri, aumentando la vulnerabilità ad alcuni tipi di stress o spingendovi a mettere in atto delle strategie di evitamento che riducono le opportunità nella vostra vita. Tutta questa “fatica” della vita quotidiana sovraccarica il fisico di stress, i sintomi dell’ipervigilanza ostacolano il rilassamento, il sonno è continuamente interrotto e frammentato, la reattività eccessiva può creare costantemente dei drammi indesiderati nella vostra vita. Vivere “nel trauma” vuol dire vivere senza avere il controllo della propria vita e nell’isolamento, soprattutto quando il trauma è invisibile agli occhi degli altri.

La psicoterapia rappresenta lo strumento migliore per intervenire direttamente ed efficacemente sulle conseguenze negative del trauma. Quando ci si sente sprofondare sempre di più , prigionieri di questi sintomi, incapaci di sottrarsi a questa spirale di eventi, abbiamo bisogno di qualcuno saldo , fermo, fuori da questi eventi, che ci tenda una mano!

Diverse tipologie di intervento

E’ importante che la psicoterapia, per prima cosa, si concentri sul trattamento dei sintomi che creano più sofferenza, cercando di “stabilizzare” il quotidiano.

E’ importante per i sopravvissuti a un trauma acquisire una strategia per “contenere” la loro esperienza traumatica. Il termine contenere non deve essere confuso con un “trattenere” forzato. Contenere un’esperienza vuol dire mantenerla e creare un posto per essa. Per esempio, quando la rabbia non viene contenuta può determinare un comportamento impulsivo che può causare un danno reale. Contenere la rabbia, in questo caso, vuol dire convogliarla in un’affermazione, in un’azione regolata e di auto-difesa, fino a farla divenire e trasformarla in una forma di consapevolezza della propria forza. Ciò vuol dire che si può imparare a entrare in contatto con ogni momento della nostra esperienza senza sovraccaricarci, vuol dire contenere le emozioni senza intensificarle e amplificarle.

Molto spesso anche durante il “semplice” racconto del trauma non solo si provano delle emozioni intense, ma si assiste a un vero e proprio coinvolgimento del corpo, perché il corpo “ascolta e risponde” alla storia narrata/rievocata. Per questo motivo il lavoro effettuato sulle memorie traumatiche deve essere svolto con calma, attenzione e per piccoli passi.

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