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“Ora” non “allora”

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Non è difficile per gli individui traumatizzati risperimentare il passato, esplicitamente o implicitamente. Quello che è più difficile è come “essere qui e ora” quando il proprio corpo sta comunicando, come allora, “pericolo, pericolo, allarme rosso!”.

Adesso sappiamo che come è importante riconoscere il passato è persino più cruciale rimanere connessi con il momento presente: “Proprio ora, posso sentire i miei piedi, posso vedere dove sono, questo è solo un momento, passerà”. Il passato non deve essere negato o evitato. Semplicemente è e si manifesta così.

Quando gli aspetti impliciti della memoria riattivano il senso di pericolo “ora”, invece che veicolare il messaggio che stiamo sperimentando pericoli che sono passati, non riusciamo a farlo e quindi non vediamo il passato. Non c’è un punto di osservazione della prospettiva del “qui e ora” da cui guardare indietro e vedere quello che è accaduto “allora”.

Piuttosto che ricordare quello che è accaduto − questo una volta era l’obiettivo del trattamento del trauma − ora sappiamo che la risoluzione del passato richiede la trasformazione dei ricordi.

Come Bessel van der Kolk scriveva 20 anni fa:

“L’obiettivo del trattamento è trovare un modo in cui le persone possono riconoscere la realtà di quello che è accaduto senza dover sperimentare il trauma ancora una volta. Affinché questo accada, svelare semplicemente i ricordi non è sufficiente: devono essere modificati e trasformati, ad esempio, messi in un contesto appropriato e ricostruiti in narrazioni neutrali e significative”.

Riferimenti

  • Fisher, J. (2017). Healing the Fragmented Selves of Trauma Survivors. Overcoming Internal Self-Alienation. Routledge
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