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La Terapia Sensomotoria supera i limiti della suddivisione mente e corpo. Intervista alla Dott.ssa Sara Dell’Aria Burani

Le nostre menti hanno un movimento innato verso l’integrazione e la guarigione, che spesso potrebbe essere bloccato dopo il trauma. Liberare questa spinta verso il benessere rappresenta un obiettivo centrale della psicoterapia… (Siegel, 2012).

Non sempre la mente ricorda, a dispetto del corpo che ricorda sempre. La Terapia Sensomotoria (SP) usa il corpo come via d’accesso al ricordo, al trauma. Per comprendere meglio questo approccio terapeutico, abbiamo intervistato la Dott.ssa Sara Dell’Aria Burani, Specialista in Terapia Cognitivo-Comportamentale (formatasi all’Istituto A.T.Beck), in Psicoterapia Sensomotoria e Practitioner EMDR (terepaeuta esperto in EMDR).

di Federica Rondino

 

Dott.ssa Dell’Aria Burani che cos’è la Terapia Sensomotoria (SP)? La Psicoterapia Sensomotoria o Sensorimotor Psychotherapy (SP) è un approccio terapeutico originariamente sviluppato da Pat Ogden, PhD, negli anni ’80 integrando il Metodo Hakomi di Ron Kurz con il metodo dell’integrazione strutturale di Rolf e con contributi derivanti dalle neuroscienze e dalla teoria dell’attaccamento. La SP è una psicoterapia innovativa per diverse ragioni – ne cito tre a titolo esemplificativo.

  1. Supera i limiti della suddivisione mente e corpo. La Terapia Sensomotoria supera sia a livello teorico che pratico-clinico tale dicotomia, così tipica della società occidentale e della medicina occidentale, psicoterapia inclusa. Infatti, sebbene originariamente sviluppata come terapia corporea, la SP è progressivamente diventata un approccio psicoterapeutico integrato che consente di lavorare simultaneamente – oppure singolarmente – a livello cognitivo (i pensieri), emotivo (le emozioni) e sensomotorio. Per elaborazione sensomotoria si intende: a) sensazioni interne all’organismo o enterocettive (ad esempio: tremori, sensazione di caldo/freddo, senso di costrizione, tensione muscolare); b) le percezioni dei 5 sensi (vista, tatto, gusto, olfatto e udito); c) gli impulsi al movimento (ad esempio: impulso di scappare o di tirare un pugno).
  2. I quattro principi guida della SP si ispirano al metodo Hakomi e sono la ‘bussola’ del terapeuta SP. In sintesi sono: a) organicità: consapevolezza e fiducia posta nella capacità di crescita e di cambiamento intrinseca a noi tutti; b) principio di non violenza: il terapeuta SP coltiva un atteggiamento non giudicante e di accettazione della persona ‘tutta’, comprese quelle parti di sé e quei comportamenti in cui il paziente stesso fatica a riconoscersi o verso cui prova forti emozioni negative; c) unità, ovvero la consapevolezza sia della nostra e dell’altrui separatezza che del senso di connessione agli altri e all’universo; d) collaborazione: l’assunto da cui si parte è che il terapeuta non ha tutte le risposte né mantiene tutto il potere, ma è responsabile di promuovere la massima collaborazione possibile con il paziente con spirito di cooperazione, curiosità e non giudizio.
  3. La Mindfulness come modalità di essere e fare in terapia e nella relazione terapeutica e non come mera tecnica o training o protocollo. In quest’ottica, il terapeuta mira a stare in mindfulness per la durata della seduta, conducendo e favorendo un clima che aiuti il paziente a diventare In altre parole, il percorso terapeutico dà supporto e promuove la crescita della capacità di porre attenzione al momento presente con “non giudizio”, rimanendo in contatto con il momento presente – il qui e ora – dell’esperienza somatica, emotiva e cognitiva. Nelle sedute di Psicoterapia Sensomotoria, quindi, il filo conduttore è l’osservazione consapevole della modalità in cui si manifestano le emozioni, gli impulsi ai movimenti, le interazioni, ecc. , da osservare con spirito cooperativo, non giudizio e curiosità e provando a fare cose nuove, sperimentando (“Che ne dice di provare a fare un esperimento, di provare a vedere che cosa succede se prova a fare…invece che….[la cosa che la persona fa abitualmente o tendenza procedurale]…?”).

Per quali disturbi è efficace la SP? La SP mira a creare maggiore consapevolezza e a evolversi come esseri umani in un contesto cooperativo e di non giudizio. Da questo punto di vista è adatto a qualsiasi problematica (e non solo!). Sicuramente, il fatto che sia nel contempo un approccio delicato e potente, fa sì che sia molto efficace nei casi di trauma complesso e/o relazionale come può essere per le vittime di maltrattamento fisico e psicologico oppure per le persone ormai adulte che sono state esposte a ripetuti episodi traumatici da bambini (violenza intrafamiliare, abuso, maltrattamenti, deprivazione emotiva, trascuratezza, ecc.).

La SP è stata specificatamente calibrata per trattare: Disturbo da Stress Post-traumatico (PTSD), Disturbo da Stress Post-traumatico complesso (PTSDc), Traumi d’attaccamento. L’efficacia del trattamento è anche supportata da ricerche neuroscientifiche e può essere utile per le seguenti difficoltà: ansia e disturbi d’ansia (attacchi di panico, ansia sociale, vergogna, ecc.); depressioni; difficoltà emotive (problematiche riguardo l’intensità emotiva – emozioni troppo intense e/o non sentirle – , gestione e/o espressione delle emozioni come ad esempio esplosioni d’ira e/o difficoltà a gestire la rabbia oppure la sensazione di essere ‘anestetizzati’); dipendenze da varie sostanze (come da alcool); problematiche inerenti il cibo (ad es., alimentazione incontrollata o binge-eating); difficoltà relazionali (problematiche con colleghi e capi, difficoltà di coppia e familiari) e diagnosi di ‘disturbi di personalità’.

La Terapia Sensomotoria con che tipo di paziente si può adottare? Si adotta con bambini, adolescenti, adulti e anziani ed è applicabile in contesto individuale, di coppia o di gruppo. La durata di una terapia SP dipende da molti fattori e non si può generalizzare. È determinata, infatti, dalle risorse, dalle problematiche di partenza e dagli obiettivi che si concordano con il paziente.

Potrebbe farci degli esempi? Potrebbe durare pochi mesi (4-8 incontri), ad esempio, nel caso dell’obiettivo condiviso di diventare consapevole (mindful) delle proprie emozioni attivanti (ovvero che portano in iper-attivazione) e imparare alcune tecniche di regolazione somatica (radicamento, contenimento…); circa un anno se l’obiettivo è di stabilizzare diversi sintomi e affrontare dei traumi; oppure anche oltre un anno, per esempio, se, dopo la stabilizzazione attraverso l’acquisizione di skill (competenze) di regolazione, si procede a lavorare su traumi ripetuti nel corso dell’infanzia. Ogni persona ha caratteristiche proprie e una sua storia oltre che diverse esigenze e richieste. Il consiglio è quindi di andare a fare un colloquio di consultazione con un terapeuta sensomotorio (terapeuti SP in Italia) così da ricevere una stima personale tenendo conto della propria situazione attuale, della propria storia di vita, degli aspetti pratici (tempo a disposizione, situazione economica) e, cosa forse più importante, degli obiettivi che si desidera perseguire.

Ci può raccontare come si sviluppa, in genere, una seduta di SP per problematiche legate al trauma? L’obiettivo generale, specialmente all’inizio, è quello di intervenire sulla disregolazione del sistema nervoso e sulla sofferenza provocata dall’iperattivazione (o iper-arousal) e dall’ipoattivazione (o ipo-arousal). Per superare i traumi e “mettere il passato nel passato” è necessario che nel corso del trattamento l’esperienza traumatica venga elaborata in uno stato di “arousal ottimale” (o all’interno della ‘finestra di tolleranza’ come definita da Siegel) ovvero una zona compresa tra due stati fisiologici estremi (l’iper- e l’ipo-attivazione o arousal). Tutti gli interventi della terapia sensomotoria sul trauma mirano inizialmente a sviluppare una finestra di tolleranza stabile e ampia attraverso il monitoraggio dei movimenti corporei e delle sensazioni emerse durante le sedute oltre che all’apprendimento di skill (competenze) di regolazione con cui esercitarsi tra le sedute. Infatti, è all’interno di questa ‘finestra di tolleranza’ che percepiamo lo stato psicofisiologico come gestibile ed è proprio qui che si può integrare l’informazione a livello cognitivo, emotivo e sensomotorio e, quindi, superare il trauma.

Come mai chi subisce un trauma ha difficoltà nel percepire il proprio corpo e vive stati come debolezza motoria, paralisi e intorpidimento delle sensazioni corporee interne? Alcune persone traumatizzate tendono ad avere difficoltà a percepire il corpo, sentono ‘poco’ di tutto sia emotivamente (ad es., emotività piatta), che mentalmente (ad es., difficoltà a ragionare) e sì, anche a livello somatico possono sentire debolezza, paralisi, intorpidimento fino a non sentire affatto il proprio corpo. Altre persone, invece, tendono a sentire ‘troppo’a livello cognitivo (ad es. tantissimi pensieri contemporaneamente presenti, pensieri molto rapidi e catastrofici), a livello emotivo (ad es. panico e ira) e a livello corporeo (ad es. battito cardiaco accelerato, respirazione rapida e toracica, ipervigilanza, muscoli tesi, ecc.). Altre persone, oscillano tra il ‘sentire poco’, ovvero stati di ipo-attivazione, e ‘sentire troppo’ ovvero iper-attivazione.

È possibile che un trauma da abuso o violenza venga manifestato dal corpo prima ancora che la mente lo ricordi? Assolutamente sì. Nel campo della psicotraumatologia, infatti, vige il detto – comprovato scientificamente – che “il corpo ricorda sempre”’. Nel momento in cui percepiamo di essere in pericolo, i lobi frontali del cervello, responsabili dell’elaborazione a livello cognitivo, interrompono o diminuiscono il loro funzionamento così che sia possibile mettere in atto una risposta istintiva, legata all’attivazione del sistema limbico e del tronco encefalico. Come conseguenza, i ricordi corporei legati al trauma sono separati dalla narrazione verbale. Di conseguenza, quando si subisce un trauma, c’è sempre una memoria somatica ovvero sensazioni fisiche (ad es. tremori), impulsi a fare qualcosa (ad es. tirare un pugno o scappare) oppure percezioni legati ai cinque sensi (ad es. un’inspiegabile puzza sentita all’improvviso e non collegabile alla situazione corrente). Di contro, la mente può ‘dimenticare’ (dissociare) così che la persona non ricorda nulla.

Il corpo non si può permettere il ‘lusso’ di ‘dimenticare’ e così spesso succede che la persona viva improvvise e (apparentemente) inspiegabili e terrorizzanti sensazioni fisiche (flashback somatici) oppure riferisce di avere la sensazione che ‘mi sembra mi sia successo qualcosa…’ ma ‘non lo so’ o ‘non ricordo…ma sento che c’è qualcosa’. Questo è particolarmente comune nel caso di persone ormai adulte che hanno subito traumi ripetuti nel corso dell’infanzia, specialmente se da un familiare (ad es. abuso sessuale). Poter utilizzare il corpo come via d’accesso, come può fare la SP, è fondamentale. A differenza della gran parte degli altri approcci terapeutici, la SP può lavorare anche in assenza di un ricordo cognitivo/verbale. Aggiungo infine che l’obiettivo della terapia non è mai, ne mai dovrebbe esserlo, di obbligarsi (o spingere) a ricordare o di stabilire verità storiche, ma mira a regolare e integrare questi stati così da godersi appieno la vita.

In che modo un’associazione come Il Vaso di Pandora può aiutare le vittime di abuso e/o violenza? L’associazione Il Vaso di Pandora può essere d’aiuto in molti modi tra cui: dare voce alle vittime di abuso; sostenere la forza, la determinazione e il coraggio di chi è sopravvissuto – spesso da bambini e/o da soli!) – a eventi inimmaginabili; informare sulle terapie disponibili, quelle che si sono dimostrate efficaci e a chi rivolgersi per affrontare gli esiti di abuso e/o violenza. Aggiungo infine qualcosa sul Forum di Pandora (vai sul forum). Nella pratica clinica ho spesso riscontrato che una delle cose più dolorose e difficili da superare per le vittime di abuso e violenza è il senso di solitudine, di isolamento e di diversità che si prova. Credo sia importante che le persone che non solo sono sopravvissute, ma si sono evolute attraverso esperienze così dolorose, entrino in connessione tra loro e il forum di Pandora può essere un luogo protetto in cui farlo. In modo simile credo sia importante che tale sinergia si crei anche nel campo dei professionisti della salute mentale. A tal proposito segnalo che è nata da poco l’Associazione Italiana per lo Studio del Trauma e della Dissociazione (AISTED) che, tra l’altro, mira a promuovere nella società italiana l’ampliamento delle conoscenze e della cultura su trauma, dissociazione e traumatizzazione cronica.

 

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