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Disturbo Traumatico dello Sviluppo e abuso sessuale infantile (DTD)

Ogni anno molti bambini subiscono varie forme di violenza e maltrattamenti che possono essere fisici, emotivi, di trascuratezza, o in termini tecnici neglect, e che nell’80% dei casi si consumano all’interno del nucleo familiare. Ma per i tabù culturali e sociali è spesso difficile venire a conoscenza dei traumi d’abuso, specialmente sessuali. L’abuso sessuale infantile rappresenta il 20% dei casi (van der Kolk, 2005).

I dati sperimentali hanno mostrato che le esperienze traumatiche durante l’infanzia non solo sono molto comuni ma hanno un forte impatto su diverse aree di funzionamento. Il maltrattamento cronico e la ripetuta vittimizzazione, infatti, hanno degli effetti negativi pervasivi sullo sviluppo del bambino, che si manifestano nella sfera fisica, emotiva, comportamentale, cognitiva e relazionale.
Il disturbo traumatico dello sviluppo (Developmental Trauma Disorder – DTD) include tutti quei sintomi ricorrenti che si rintracciano nei bambini che hanno nella loro vita delle storie traumatiche complesse.
I bambini che subiscono traumi cronici (molto frequenti e di lunga durata) hanno innanzitutto dei problemi nella regolazione delle emozioni e nel controllo degli impulsi, che li portano a reagire velocemente e in maniera violenta/aggressiva agli stimoli che suscitano delle emozioni molto intense. Non riuscendo a “stare in contatto” con i loro stati d’animo e sentimenti, raramente queste vittime sono in grado di descrivere e raccontare a qualcuno le loro paure, le sofferenze e gli abusi subiti, perciò la natura traumatica degli eventi vissuti emerge principalmente attraverso i comportamenti o altre forme di espressione (come nel gioco o nelle fantasie che producono) che molto spesso appaiono aggressivi e violenti.

Inoltre, questi bambini soffrono spesso di alterazioni degli stati di coscienza, per cui non ricordano alcuni eventi, perdono il contatto con la realtà, con la propria mente o il proprio corpo, hanno dei flashback (percezioni di rivivere l’evento traumatico) o incubi ricorrenti legati al trauma. Hanno, infine, difficoltà nel mantenere l’attenzione e questo determina spesso dei problemi scolastici e disciplinari.

Si presentano anche dei problemi legati alla salute come: disturbi digestivi, cardiopolmonari e del sistema immunitario; dolore cronico; disturbi del sonno, dell’alimentazione, ecc.

I bambini vedono gli altri come poco affidabili e dal comportamento imprevedibile, quindi sviluppano verso di loro sentimenti di sfiducia, sospettosità, problemi nell’intimità, isolamento sociale, convinzioni che potrà essere fatto loro del male e che nessuno li proteggerà. Il fatto che le relazioni siano connotate da un’aspettativa di vittimizzazione e/o abbandono porta i bambini ad aggrapparsi eccessivamente agli altri, a preoccuparsi molto per la punizione che subiranno, ad assumere una posizione difensiva/oppositiva. Il loro corpo diventa ipervigile e loro molto spaventati.

Molto spesso reagiscono in maniera aggressiva (sia fisica che verbale) nei confronti dei pari e degli adulti, mostrando di non essere capaci di cogliere i pensieri e gli stati d’animo degli altri e manifestando un’estrema intolleranza della sofferenza altrui.

A tal proposito, uno studio longitudinale condotto su 4.000 bambini ha dimostrato che questo complesso quadro sintomatologico caratterizza maggiormente coloro che avevano subìto dei traumi interpersonali ripetuti (De Angelis, 2007).
Lo studio di Spinazzola e collaboratori (2018) ha mostrato che, sebbene il PTSD e il DTD condividano alcune tipologie di eventi traumatici antecedenti la comparsa dei sintomi, il DTD è associato univocamente a una pervasiva esposizione ad ambienti violenti e a una ridotta cura da parte dei caregivers. I dati di uno studio condotto da van der Kolk e collaboratori (2019) hanno dimostrato, inoltre, che il DTD non rappresenta una semplice variante del PTSD o di qualsiasi altro disturbo. I risultati, infatti, hanno mostrato che il DTD include tutti quei sintomi più complessi e problemi di funzionamento che presentano alcuni bambini che sono risultati affetti da altri disturbi psichiatrici perché non sono stati riconosciuti come sopravvissuti a eventi traumatici, in quanto i sintomi presentati non erano riconducibili a quelli del PTSD.

La traumatizzazione precoce nell’ambito interpersonale, infatti, interferisce molto anche con lo sviluppo cerebrale del bambino. Se questi vive in un ambiente in cui, per esempio, la sofferenza è causata dai propri genitori non sarà in grado, come abbiamo detto, di gestire le emozioni intense, quali paura o rabbia, odio, disgusto, ecc., perché le figure di riferimento non sono in grado di aiutarlo a comunicare come si sente e a mettere in atto delle strategie efficaci per affrontare questi eventi. Il bambino, quindi, non riesce più a regolare i propri stati interni e diventa così incapace di elaborare, integrare e categorizzare ciò che sta accadendo intorno a lui. Questi bambini non riescono a comprendere da cosa siano determinati i propri sentimenti e le proprie emozioni, così come il costante stato di allarme e di pericolo che sperimentano. I ricordi di ciò che hanno subìto diventano dei frammenti scollegati e non riescono a ricondurre la loro sofferenza, attuale e passata, ai fattori ambientali/interpersonali che ne sono la causa. Nella vita di tutti i giorni non sono in grado di identificare e dare un senso unitario agli aspetti contraddittori (pensieri, emozioni e comportamenti) di sé e degli altri.

Anche il bambino, ogni volta che si trova di fronte agli stimoli (sensazioni fisiche, immagini, suoni, odori o situazioni) che ricordano i traumi subiti, tende a comportarsi come se il trauma si stesse verificando di nuovo, come se fosse in atto una catastrofe alla quale deve sfuggire o che deve contrastare con una serie di condotte che vengono etichettate dagli altri come oppositive, ribelli, immotivate e antisociali.

Questi bambini iniziano ben presto a non fidarsi più delle loro emozioni e del modo in cui interpretano il mondo, perché nessuno ha insegnato loro come far sì che le cose buone accadano e che ci sarà qualcuno ad aiutarli a cercare delle soluzioni efficaci quando si trovano in situazioni difficili, perché chi dovrebbe accudirli e proteggerli si è rivelato assente, frustrante e/o violento.

Le esperienze infantili negative sono molto più comuni di quanto si riconosca ed esercitano un potente impatto sulla salute dell’adulto mezzo secolo più tardi. Alcuni studi hanno confermato inequivocabilmente che esiste una relazione altamente significativa tra le esperienze infantili negative e la depressione, i tentativi di suicidio, l’alcolismo, l’abuso di sostanze, la promiscuità sessuale, la violenza domestica, il tabagismo, l’obesità, l’inattività fisica e le malattie sessualmente trasmissibili, in età adulta. Inoltre, più sono negative le esperienze infantili riportate, maggiore è la probabilità di avere problemi cardiaci, cancro, infarto, diabete, fratture dello scheletro e disturbi epatici.

Per trattare i sintomi cognitivi, emotivi, psicologici e comportamentali associati al trauma si raccomandano interventi di TCC e basati sulla Mindfulness (Semple & Madni, 2015) specificatamente rivolti ai bambini.

Riferimenti

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